Italia: Il presidente di tutti gli Italiani, Un buco nero in una carriera ineccepibile
Negli ultimi anni Napolitano (Fig.1) è stato costantemente in testa in tutte le statistiche come il personaggio più amato dagli Italiani, superando lo stesso Pertini nei momenti di maggiore popolarità, raggiunti quando accompagnò i nostri calciatori nella conquista della coppa di campioni del mondo, o quando rimase immobile per ore vicino al pozzo di Vermicino, mentre si attivavano i tentativi, purtroppo vani, per salvare il piccolo Alfredino.
Napolitano proveniva dalla borghesia colta napoletana ed aderì al PCI negli anni della guerra, convertito dalla generosità, anche se poi fallita della utopia comunista. Erano anni terribili per Napoli, che subì oltre cento bombardamenti indiscriminati da parte dei nostri nuovi alleati… e Giorgio, con la sua famiglia trovava soccorso nelle grotte di tufo poste sotto Palazzo Serra di Cassano, nelle quali si mescolavano i signori dei piani alti e la gente dei bassi. Al suono assordante della sirena, che annunciava l’arrivo delle fortezze volanti, egli conservava sempre un notevole autocontrollo legato ad un innato fatalismo, una capacità di controllare le passioni nei momenti più difficili, una cifra stilistica del suo carattere, che gli permetterà di guidare l’Italia nella tempesta, ponendosi al di sopra delle parti. La lunga traversata dalle Botteghe Oscure al Quirinale coincide con la storia del suo partito e con un pezzo importante della nostra storia. Egli si riconobbe nell’ala destra del PCI ed ebbe come padre spirituale Giorgio Amendola. Sin da giovane ha l’onore di scrivere spesso l’articolo di fondo dell’Unità e nei comizi, quando è necessario, accantona il suo eloquio forbito ed alzando i toni è in grado di riscaldare la piazza e far tornare a casa felici i militanti. Al liceo classico frequentò l’Umberto e fece parte di quella pattuglia di cervelli: Barendson, Ghirelli, Patroni Griffi, Rosi, La Capria, distintisi poi nel giornalismo, nel cinema, nella scrittura, la cui partenza da Napoli ha inciso profondamente sul destino della città. Napolitano dirigeva una piccola rivista “Latitudine”, intrisa di Ermetismo e Decadentismo, la quale spesso e volentieri citava André Gide e André Malraux ed era vista con sospetto dall’ortodossia del partito. Piacque invece molto a Curzio Malaparte, quando si recò a trovarlo nel suo splendido eremo caprese (Fig.2), a picco sul mare con vista ravvicinata sui Faraglioni, che gli regalò una copia con dedica del suo celebre “Kaputt”. Mi sia consentito un breve ricordo personale sulla villa di Malaparte, che per anni è stata sotto sequestro con tanto di sigilli, perché lo scrittore nel suo testamento l’aveva lasciata alla Repubblica Popolare Cinese, che l’Italia allora non riconosceva come Stato.Avevo 19 anni e mi trovavo nell’isola azzurra in compagnia di Elio, Franz e Carlo, divenuti poi, chi celebre avvocato, chi noto imprenditore, chi integerrimo magistrato. Alcune fanciulle, conquistate in piazzetta con la forza penetrante del nostro sguardo, vollero accompagnarci sul posto dove si poteva fare il bagno nature, ma la nostra attenzione, più che dai seni al vento, splendidi, delle fanciulle e sul lato B delle medesime, da favola, fu attratta dalla fornitissima biblioteca della villa, che, notte tempo, decidemmo di saccheggiare, penetrandovi da una finestra senza vetri ed asportammo decine di libri, che ancora oggi conserviamo gelosamente. Il parlamento era stato per 47 anni la casa di Napolitano, quando il 10 maggio 2006 viene eletto undicesimo Presidente della Repubblica e da allora i cittadini sapevano di potersi riferire al Colle come fonte di saggezza e di equilibrio.Nell’ultimo periodo del suo mandato, soprattutto dopo le dimissioni di Berlusconi e la nomina di Monti a Presidente del Consiglio, egli ha portato avanti una missione difficilissima; costituendo un punto di riferimento certo tra cittadini ed Istituzioni. Il suo ruolo è andato crescendo man mano che la compattezza del sistema politico veniva meno. Questa sua veste è stata riconosciuta dalle più importanti testate internazionali, dal New York Times, che titolò “Re Giorgio” un suo servizio, nel quale tesseva le lodi di “Ricca cultura barocca” e di “Maestoso difensore delle Istituzioni democratiche italiane”, fino al Wired, che lo proclamerà uomo dell’anno (Fig.3). Il suo impegno non ha mutato le sue abitudini di vita e di lavoro: sveglia alle sette, colazione, lettura dei giornali, lavoro dalle nove all’una, pranzo, breve riposo, di nuovo lavoro fino all’ora di cena, quindi lettura con musica classica di sottofondo o un dvd con un film. E non saremo completi senza tratteggiare un ritratto della first lady: discreta, elegante, ma mai presenzialista. Amante dell’arte, ma in fila assieme al pubblico per comperare il biglietto alle Scuderie del Quirinale per ammirare i capolavori di Vermeer. Fine intenditrice, a differenza della moglie di un altro presidente, che a Napoli, in visita ufficiale delle meraviglie di Capodimonte, accompagnata dal mitico sovrintendente Spinosa e da un codazzo di studiosi, davanti ad un capolavoro di Luca Giordano, rappresentante una donna discinta, esclamò, tra l’imbarazzo dei presenti: “Lo butterei”. L’ultima foto ufficiale risale alla messa d’inaugurazione del pontificato di Francesco (Fig.4) in prima fila con l’abito nero d’obbligo, ravvivato però dal lunghissimo scialle azzurro della consorte. Prima di trattare dell’inedito buco nero, che abbiamo anticipato nel titolo, vorrei raccontare uno degli incontri che ho avuto l’onore di avere con il Presidente.Era il 2002 e con l’amico Tonino Cirino Pomicino, fratello del ministro del bilancio Paolo, stavamo organizzando un importante convegno all’Istituto degli Studi Filosofici intitolato: Napoli capitale del Mediterraneo” (Per chi volesse assistere al convegno svoltosi il 26 ottobre 2006, consulti la teca di radio radicale).Ci recammo presso lo studio in via Santa Lucia del compianto onorevole Geremicca, che fungeva da punto di appoggio per Napolitano, all’epoca europarlamentare, per invitarlo a partecipare come relatore. Un breve sguardo alla sua agenda e purtroppo quel giorno era impegnato in un’importante riunione a Bruxelles, ma non ci fece mancare il giorno del convegno un suo telegramma di auguri.Ma la cosa che più mi colpì fu quando, dopo aver espresso le nostre intenzioni, battendo una pacca sulla spalla dell’amico Tonino, all’epoca ultrasessantacinquenne, esclamò: “Benedetti ragazzi...siete pieni di entusiasmo, non volete convincervi che Napoli è destinata a precipitare nel baratro!” Fugace il secondo incontro, giusto per consegnare delle foto giovanili, di quando faceva parte del gruppo universitario con il padre del mio amico Carlo Castrogiovanni ed infine accenniamo al famigerato buco nero. Un episodio inedito, ignoto agli stessi specialisti, come mi capitò di accertarmi nel corso della presentazione di un libro a lui dedicato, nel quale, per quanto fossero trascritti quasi tutti i suoi scritti, mancava l’articolo di fondo dell’Unità (Fig.5), da lui firmato, uscito all’indomani della invasione di Budapest da parte dei carri armati sovietici. Un articolo che elogiava la repressione della rivolta. La studiosa candidamente mi confessò che in tutte le emeroteche da lei compulsate, mancava sempre il numero dell’Unità di quel giorno. Un peccato di gioventù divenuto veniale alla luce della sua condotta impeccabile nei successivi sessanta anni di onorata carriera e dei suoi numerosi appelli a risolvere la spinosa questione del sovraffollamento delle carceri. Achille della Ragione
|