Filippo di Lustro, Martire per la liberta' |
Ricerche Storiche D'Ambra - Ricerche Storiche | |||
Scritto da Isabella Marino | |||
Martedì 23 Ottobre 2001 19:02 | |||
Filippo di Lustro, una vita dedicata agli ideali di Un altro tassello si è aggiunto da ieri all’impegnativo progetto del “Centro di Ricerche Storiche d’Ambra” di restituire agli ischitani la memoria di alcune delle pagine più affascinanti della storia della nostra isola e di coloro che ne furono i protagonisti. A distanza di oltre due secoli, con l’epigrafe [vedi in calce al presente articolo] apposta sulla facciata della sede della Sezione distaccata del Tribunale di Napoli, Ischia ha tributato il suo omaggio tardivo all’avvocato Filippo di Lustro e agli altri giovani che, condividendo gli stessi ideali, gli furono compagni nella lotta per l’affermazione dei principi di libertà contro la tirannide fino al punto di sacrificare le loro giovani vite. “Dottor legale di Forio d’Ischia, di anni venticinque circa, di giusta statura e corporatura dilicata, nero di volto, alquanto tarlato dal vajolo, rasuto, e con capelli ligati a codino. In Napoli vestiva con giamberga a colore acqua marina, calzone nero e camisciolla gialla…”: era il 30 maggio 1794 quando la polizia borbonica tracciò questo identikit del giovane Filippo di Lustro in un mandato di cattura internazionale diramato contro un gruppo di giacobini napoletani sfuggiti all’ondata di arresti che aveva messo fine al primo significativo atto di ribellione contro la monarchia borbonica.Le basi della congiura avevano cominciato a gettarle due anni prima, nel ‘792, quei giovani che anche a Napoli si riconoscevano in quei principi di libertà, uguaglianza e fraternità che affermatisi in Francia con la Rivoluzione dell’89, avevano subito cominciato a diffondersi nelle altre nazioni europee, divenendo lievito delle lotte per la libertà e l’indipendenza dei popoli che avrebbero caratterizzato il nuovo secolo ormai alle porte. Nella città di Partenope i giacobini si erano organizzati e avevano dato vita ad una assemblea, ricordata come la Cena di Posillipo, in cui gli storici hanno ravvisato il nucleo originario di quella Società Patriottica che doveva farsi promotrice della congiura contro i Borbone. Tra i membri più attivi della Società, che si era radicata sul territorio grazie alla creazione dei “Club elementari”, vi era anche Filippo di Lustro, foriano di nascita, che viveva ormai stabilmente a Napoli, dove aveva frequentato l’università laureandosi in Legge. Presidente del club di Portici, il di Lustro collaborava con alcuni personaggi di spicco nelle vicende di quello straordinario decennio di fine secolo: Carlo Lauberg, che sarebbe divenuto Capo del Governo Provvisorio della Repubblica Napoletana del ’99, ed i giovani Vincenzo Galiani ed Emanuele De Deo. Differente fu la sorte di Filippo di Lustro, che riuscì a sottrarsi alla giustizia borbonica rifugiandosi sull’isola natia. A proteggerlo fu la natura selvaggia dell’Epomeo, che offriva ripari sicuri e impenetrabili. Per diversi giorni di Lustro attese che giungesse il momento opportuno per continuare la fuga, finché una notte, non riuscì ad imbarcarsi fortunosamente a Lacco Ameno su un gozzo che lo condusse a Civitavecchia. Dal porto laziale, l’uomo raggiunse la Liguria, dove, nella zona di Oneglia, l’attuale Imperia, era stata fondata una repubblica filo-francese, di cui era presidente Filippo Buonarroti, fine intellettuale e rivoluzionario giacobino. Lì di Lustro ricoprì ruoli di notevole responsabilità nell’ambito dell’amministrazione della repubblica, conquistandosi la fiducia e la considerazione del Buonarroti come di tutti gli altri protagonisti di quell’inconsueta esperienza politica. La permanenza ad Oneglia, tuttavia, durò pochi mesi. Già l’anno seguente, quando fu revocato il mandato presidenziale a Buonarroti, di Lustro decise, insieme al Buonarroti stesso, di trasferirsi in Francia, a Parigi, dove continuò e con maggiore intensità la sua attività politica, aderendo al programma di Babeuf, quel “Manifesto degli Uguali” che rivendicava l’applicazione del principio di uguaglianza nell’organizzazione sociale ed economica dello Stato francese, sostenendo la necessità di una nuova fase rivoluzionaria per la realizzazione della “Repubblica degli Uguali”, fondata sulla comunione dei beni tra tutti i cittadini. La congiura per la concretizzazione di questo progetto coinvolse anche di Lustro che, dopo la cattura e la condanna a morte di Babeuf, scelse di arruolarsi nell’esercito di Napoleone, dove raggiunse il grado di Commissario di Guerra. Con l’armata napoleonica partecipò alla campagna d’Egitto e lì, il 25 luglio 1799 trovò la morte combattendo contro i Turchi ad Abukir. Di Lustro non aveva ancora trent’anni. Un anno prima, a Roma, erano state pubblicate le sue “Massime repubblicane”, una sintesi delle idee che avevano guidato tutte le scelte della sua breve, ma intensa e travagliata esistenza. [Isabella Marino, IL Golfo del 23 ottobre 2001, pagg.31-32] All’avvocato foriano Antesignano contestatore del dispotismo borbonico. Ischia, 18 ottobre 2001.
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Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Maggio 2009 18:25 |