Una monografia di Nino d’Ambra fa tornare alla ribalta la figura di Girolamo Milone, giornalista cattolico d’assalto e partigiano della causa borbonica. |
Ricerche Storiche D'Ambra - Ricerche Storiche | |||
Scritto da Antonio Gargano | |||
Domenica 25 Ottobre 1998 19:34 | |||
Una monografia di Nino d’Ambra fa tornare alla ribalta la figura di Girolamo Milone, giornalista cattolico d’assalto e partigiano della causa borbonica. Girolamo Milone, chi era costui? A far uscire questa combattiva figura del giornalismo dell’Ottocento dall’oblio è stato l’avvocato Nino d’Ambra con una serrata e informatissima monografia, «Storia e calvario di Girolamo Milone giornalista cattolico d’assalto» che è stata oggetto di vivaci discussioni la settimana scorsa nella presentazione che s’è tenuta al Circolo Nautico di Forio d’Ischia, cui hanno preso parte Luigi Covatta, sottosegretario alla Pubblica Istruzione, Pasquale Nonno, autore della prefazione al volume, Antonio Trofa, sindaco di Forio, Sebastiano Conte e Giuseppe Mazzella, alla presenza di un folto pubblico in cui spiccavano le presenze dell’on. Filippo Caria e di Max Vajro. La passione dell’avv. d’Ambra per la storia patria ha prodotto già frutti eccellenti, come «Garibaldi, cento vite in una», una biografia dell’Eroe dei Due Mondi corredata da una massa incredibile di documenti, e una rassegna dei personaggi foriani del passato. Appunto a Forio d’Ischia Nino d’Ambra ha costituito un «Centro di Ricerche Storiche», in cui è custodita una nutrita raccolta di carte d’archivio, ordinate con rigore e intelligenza, che costituiscono la prima fonte delle ricerche che d’Ambra con passione prosegue poi fra biblioteche e archivi italiani e europei.Questo avvocato animato da spirito laico e dal culto di Garibaldi, di cui raccoglie amorevolmente ritratti e testimonianze, ha messo stavolta tutta la sua passione nell’illustrare la figura di un suo concittadino portatore di idee lontane dalle sue, ma lo ha fatto con grande imparzialità e con una vera e propria «pietas» per le memorie patrie. Girolamo Milone è nato a Forio d’Ischia nel 1835 da una famiglia tanto numerosa (quattordici figli, di cui tre sacerdoti), quanto agiata. Si formò al Seminario urbano di Napoli, acquisendo una vasta cultura umanistica e teologica. Dopo un periodo dedicato all’insegnamento trovò la sua vera vocazione: il giornalismo militante. In anni di roventi polemiche sull’abolizione del potere temporale del papato, gli anni della «questione romana», Milone diresse con piglio battagliero una quantità di periodici: «Il Flavio Gioja», «La Stampa Napoletana», «L’Araldo», «Il Monitore». Proprio durante la pubblicazione di quest’ultimo periodico venne arrestato e inviato a domicilio coatto a Saluzzo, in Piemonte. Era l’aprile 1864. Il giovane Stato unitario avvertiva la propria fragilità e doveva guardarsi da gravi pericoli, soprattutto dal brigantaggio fomentato dal Borbone con intenti restaurativi. Rapporti di polizia, scrupolosamente riportati da d’Ambra nell’appendice del volume, indicano in Girolamo Milone un fomentatore di disordini antiunitari o, meglio, lo accusano di «concitare gli animi a quella reazione che da Roma sprigiona in queste Province le orde brigantesche», di fare «di continuo il mestatore a pro della caduta tirannide». Il sacerdote foriano incappò così nei rigori della legge Pica. Pica, un patriota abruzzese che era stato nel 1848 deputato al Parlamento Napoletano, aveva a sua volta conosciuto i rigori delle prigioni borboniche e l’esilio. Tornato a Napoli nel 1860 in qualità di deputato della Destra storica, aveva steso il testo della legge che disponeva la repressione del brigantaggio e prevedeva, oltre alla pena di morte o i lavori forzati a vita per i colpevoli di reato di brigantaggio, anche «il domicilio coatto, per la durata non superiore ad un anno, per gli oziosi, i vagabondi, le persone sospette, i camorristi e i sospetti manutengoli». Una parziale e temporanea sospensione delle garanzie costituzionali, quindi giustificate però in buona parte dai gravissimi pericoli del brigantaggio. Basti pensare alla testimonianza dello svizzero Marc Monnier, in quegli anni a Napoli , che qualche tempo fa Max Vajro ha avuto il merito di riproporre ristampando le «Notizie storiche documentate sul brigantaggio nelle province napoletane». Questo racconta Monnier: «Furti, rapine, proprietari assaliti, rapiti, trascinati, riscattati, uccisi se non pagavano il riscatto, borghi invasi, posti disarmati, gigli borbonici sostituiti alle croci di Savoia, case derubate e spesso incendiate, archivi bruciati, prigioni aperte, e tutto ciò al grido di viva Francesco II». Monnier dipinge inoltre un quadro di estrema precarietà delle strutture delle Stato unitario di fronte a una minaccia che cedeva insieme briganti, mercenari borbonici e cospirazioni delle dinastie europee: «Napoli divenne il punto di mira di tutta l’Europa legittimista, la quale sperò un momento di riacquistare le province meridionali e l’Italia». In questa sfera, dai sospetti di cospirazione alle condanne al confine le vie erano brevi. Dopo un viaggio avventuroso in compagnia di detenuti comuni, Milone si ritrovò al confine in provincia di Cuneo. La restrizione della sua libertà fu però di breve durata: forse anche per il distendersi dei rapporti fra il mondo cattolico e lo Stato unitario a seguito della convenzione di Settembre agli inizi del 1865. Milone era di nuovo in libertà e, nel tornare a Napoli fece tappa a Roma ove riceve l’abbraccio di Pio IX. Ben presto l’arcivescovo di Napoli, cardinale Sisto Riario Sforza, volle affidare a Girolamo Milone la direzione di un nuovo quotidiano, che il Milone volle battezzare « La libertà cattolica». Il primo numero uscì nel febbraio 1867. Milone si prodigò con passione e grande competenza nella direzione del quotidiano, fino alla prematura scomparsa nel 1867, quando aveva 46 anni. Antonio Gargano
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Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Maggio 2009 18:12 |