Recensione di Pasquale Balestrieri al nuovo libro di Nino D'Ambra «Luigi il cubano, Fidel Castro e gli Anni Cinquanta a Forio» INNO ALL’AMICIZIA E’ un inno all’amicizia quest’ultima pregevolissima pubblicazione di Nino d’Ambra, un canto del cuore che trae dalla penombra memoriale un personaggio cospicuo come il cubano Luis Felipe Collado, diplomatico, libertario, pittore e poeta, che arricchì, con le sue spiccate qualità, la Forio degli anni Cinquanta. E dunque, subito, bravo Nino per aver saputo conservare intatta tanta schiettezza e fedeltà di sentimenti, cui allude l’aforisma in calce alla prima pagina interna: “L’Amicizia non è schiava dello spazio e del tempo”. Ne è autore Richard Bach, noto per aver pubblicato, nel 1970, Il gabbiano Jonathan Livingston, definito il best-seller del secolo, tradotto e stampato in Italia nel 1973 per conto della Rizzoli. Nino rende onore all’Amicizia, ma anche -e forse, per noi lettori, soprattutto- affida alla nostra conoscenza e alla memoria collettiva la figura di un autentico artista e gentiluomo, di un personaggio di elevatissimo spessore umano e culturale come Luigi “il Cubano”.
LUIGI IL CUBANO Confesso che sapevo poco di lui, e lo faccio con una punta di vergogna e di rammarico. La scoperta, attraverso questo aureo libro di Nino, è stata folgorante. Che uomo, Luis! La sua personalità ci si dispiega, con inatteso e disperato vigore, per tutte le quasi duecento pagine del libro; ci si svela, con nettezza di contorni e precisione di dettagli, attraverso le significative e commosse testimonianze di coloro che l’ebbero amico, attraverso i suoi scritti poetici e la sua pittura. Ed è, questa personalità, il trionfo di un’humanitas totale, che si palesa in tante forme e aspetti: cultura, educazione, civiltà, sensibilità, gentilezza, solidarietà, benevolenza, liberalità, onestà, generosità, affabilità, bontà e, soprattutto, amore per la libertà. Luigi il Cubano aveva queste virtù, se è vero che era capace -stando alle testimonianze- di assistere e confortare per ore una bambina malata (Petroni), di rendersi umile tra gli umili ( I. e M. Capuano), promotore culturale ( Coppa e Ruggeri Marchetti, Trofa, Nonno), trasmettitore di valori (Sorrentino). Uomo di cultura, faceva ciò che è compito precipuo degli intellettuali: diffondere il sapere, essere testimone della verità, seguire la via del sentimento e della passione, mantenersi incorruttibile, perseguendo i propri ideali di libertà, di giustizia e di democrazia. IL LIBRO Ma passiamo ad esaminare più da vicino l’opera, sapientemente divisa dal suo autore in otto sezioni, precedute da un’introduzione che illustra “La stagione del Bar Maria a Forio. I contenuti, esposti ed organizzati in modo rigoroso e chiaro, partendo da “Squasso”, poesie “napoletane” di Collado, toccano argomenti come “Luigi e gli affetti familiari”, “I colori di Luigi”, “ Luigi e Fidel Castro”, “Luigi e le sue fantasie artistiche”, “Luigi nel ricordo degli amici foriani”, “Luigi e Nino d’Ambra”, e trovano il loro naturale epilogo in “Memorie d’epoca”, complemento e insieme contesto del periodo in cui si collocano la figura del Cubano e la sua permanenza a Forio. Come si può notare, già i titoli delle sezioni forniscono l’idea complessiva del libro, che si connota per la dovizia e la valenza dei contenuti. Verrebbe voglia di pescarvi a piene mani ma, per ovvi motivi, mi devo limitare a qualche chiosa. Colpisce, in primo luogo, l’apparato iconografico, inteso come riproduzione fotografica sia di cose, luoghi e persone, sia delle opere pittoriche di Collado: in entrambi i casi, documento e corredo necessari per entrare quasi fisicamente in quegli incredibili Anni Cinquanta foriani e per intendere la personalità del Cubano sostanzialmente lineare e consequenziale negli atteggiamenti esteriori, ma complessa e profonda per l’imperversare della vita, in forma di sentimenti e passioni. I quali generano un tipo di pittura, sulla quale così si esprime l’artista Luigi Coppa: “…i suoi lavori erano un’attenta riflessione pittorica sui motivi geometrici che caratterizzano la simbologia, l’architettura e l’arte decorativa di diverse culture… Il punto e la linea, il cerchio e il triangolo, la losanga e l’ogiva come elementi di decori parietali, fittili, architettonici o di tessuti, rubati ad antichi stemmi, battenti o bandiere si componevano in figure antropomorfe,, soprattutto volti stilizzati, o si fondevano in nuove forme astratte… la sua tecnica era estremamente raffinata”. Grande interesse desta poi nel lettore la sezione dedicata alle testimonianze, tutte vive e palpitanti; come pure attrae quella intitolata “Luigi e Nino d’Ambra”, soprattutto per un’affettuosa e bella poesia dell’autore, “ A Luis Felipe Collado”, e per illuminanti brani di corrispondenza. Ma, per concludere, a me il Cubano interessa moltissimo come poeta. Se in “Squasso” già si vedevano chiari segni di bravura creativa, in “Lamento per un fucilato politico” la poesia di Collado coinvolge completamente il lettore, artigliandolo e collocandolo in un universo di dolore -la morte di un uomo, la morte dell’uomo- che solo il Poeta sa leggere; e la violenza (stavolta castrista) ha lo stesso colore di tutte le violenze. Collado interpreta questa morte, la scandisce fotograficamente, la percorre infinite volte con i suoi lunghi passi, la descrive con una potenza d’immagini che impietrisce. Grande figura, il Cubano: egli ha fatto una cosa sola della vita, della cultura, dell’arte e della bontà. Proprio come si dovrebbe! E grazie ancora a Nino d’Ambra per averci donato tanta ricchezza; e per averci fatto scoprire un amico, perché, parafrasando l’incipit della poesia “A Luis Felipe Collado”, la porta del cuore non si chiude con gli anni e con la morte. Almeno per gli spiriti sensibili e colti di vera cultura. (“Il Golfo”, quotidiano, del 1° agosto 2008; pagg. 27 e 27)
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